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Dachau è a circa 20 Km da Monaco e sembra
una città fantasma.
E’ così pulita e ben tenuta che sembra di camminare tra le scene di un
set cinematografico; mi dà l’impressione che dietro alle facciate delle
case non ci sia niente e che qualcuno non aspetti altri che il nostro
arrivo per iniziare la messa in scena. Con le sue casette linde ed
ordinate, con le tendine di pizzo alle finestre e fiori colorati
dappertutto, ci si potrebbe dimenticare il perchè questa cittadina è
così tristemente famosa.
E’ lunedì ed il campo di concentramento è chiuso, così decidiamo di
passare la notte qui e visitarlo l’indomani, per poi ripartire subito.
Facciamo un giretto nel centro, deserto e desolante, mentre mangiamo dei
panini su una panchina in quella che dovrebbe essere la piazza
principale: i negozi chiusi, in giro neanche un’anima, non un filo di
vento o un rumore. |
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La mattina arriviamo al campo appena
apre, alle 9. Non c’è quasi nessun visitatore a quest’ora. |
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Si accede da un cancello nero che
prosegue con un corridoio delimitato alla nostra sinistra da una rete
metallica con un filo spinato, alla destra un muro alto: tra i due un
fossato, che doveva rendere praticamente impossibile la fuga. Tutt’intorno
al perimetro c’erano sette sentinelle pronte ad uccidere i fuggitivi;
molti deportati scelsero questa “via” per fuggire gli orrori del
campo...
Al di là della rete c’è un grosso casermone bianco, che aveva la
funzione di “accogliere” i nuovi arrivati.
L’impressione che entrambi ne traiamo è di un posto asettico, non c’è
traccia del passaggio di esseri umani, forse anche perchè dopo la fine
della guerra è stato piu’ volte riutilizzato, tra l’altro anche per
imprigionare i criminali nazisti.
Delle almeno cinquanta baracche che ospitavano i detenuti, ne sono state
ricostruite due; delle altre non sono rimaste che le fondamenta.
All’interno sono stati ricostruiti i letti a castello e alcune foto in
giro mostrano camerate piene, gli appelli che si tenevano due volte al
giorno nel piazzale antistante, i nuovi “arrivi”... |
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Sul retro delle baracche c’è un lungo
viale alberato, in fondo al quale sono state costruite cappelle di
diverse confessioni religiose in memoria delle vittime del campo. Alla
loro sinistra c’è il crematorio.
La struttura è impressionante, soprattutto all’interno.
A fianco dell’ingresso c’erano camere per la disinfezione degli
indumenti dei detenuti che, forse ignari della sorte che sarebbe loro
toccata, si apprestavano ad entrare in carne ed ossa per poi uscirne in
cenere...
Dopo una prima stanza, usata come spogliatoio, si accede ad una seconda
che reca la scritta “BRAUSEBAD” (doccia: l’interno ha il soffitto basso
con almeno una decina di bocchettoni che vi sporgono e le pareti scure; |
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attraverso la porta sul lato opposto
della stanza, si accede al crematorio. |
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Andiamo quindi a vedere il museo, che
tuttavia non raccoglie nessun effetto personale, ma manifesti e giornali
d’epoca. Ci sono però alcuni pannelli con foto ingrandite che
testimoniano le atrocità a cui sono stati sottoposti i detenuti, non
ultimi gli esperimenti “scientifici” dove hanno perso la vita migliaia
di loro. E’ stato un filmino, però, la cosa piu’ atroce: si vedevano
montagne di uomini morti, nudi, senza che si vedesse un solo viso, un
enorme ammasso di cadaveri, anonimo, senza vita, senza volto, come se
nessuno di loro fosse mai esistito.
Terminata la visita, torniamo alla macchina per scoprire che abbiamo una
gomma tagliata in due punti; sembra un atto vandalico; speriamo che i
tagli non ci fossero alla partenza dall’Italia!!!
Ci adoperiamo per trovare un gommista e per fortuna ci aiuta un signore
che, gentilmente ci accompagna. Alle due del pomeriggio il gommista ci
restituisce l’auto, così ripartiamo alla volta di Dresda, che abbiamo
scelto come prossima tappa, anche se così facendo, allunghiamo un po’ il
nostro cammino. |
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INFO: Per visualizzare le tappe sosta
almeno un secondo sui fiori ... dopodichè cliccaci sopra! |
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