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:: Sabato 03 Febbraio - Nuova rivisitazione grafica ::
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  Viaggio in Finlandia  
     
  02-03/08/04: Dachau (Germania)  
     
 

Dachau è a circa 20 Km da Monaco e sembra una città fantasma.
E’ così pulita e ben tenuta che sembra di camminare tra le scene di un set cinematografico; mi dà l’impressione che dietro alle facciate delle case non ci sia niente e che qualcuno non aspetti altri che il nostro arrivo per iniziare la messa in scena. Con le sue casette linde ed ordinate, con le tendine di pizzo alle finestre e fiori colorati dappertutto, ci si potrebbe dimenticare il perchè questa cittadina è così tristemente famosa.
E’ lunedì ed il campo di concentramento è chiuso, così decidiamo di passare la notte qui e visitarlo l’indomani, per poi ripartire subito. Facciamo un giretto nel centro, deserto e desolante, mentre mangiamo dei panini su una panchina in quella che dovrebbe essere la piazza principale: i negozi chiusi, in giro neanche un’anima, non un filo di vento o un rumore.

 
     
   
     
 

La mattina arriviamo al campo appena apre, alle 9. Non c’è quasi nessun visitatore a quest’ora.

 
     
   
     
 

Si accede da un cancello nero che prosegue con un corridoio delimitato alla nostra sinistra da una rete metallica con un filo spinato, alla destra un muro alto: tra i due un fossato, che doveva rendere praticamente impossibile la fuga. Tutt’intorno al perimetro c’erano sette sentinelle pronte ad uccidere i fuggitivi; molti deportati scelsero questa “via” per fuggire gli orrori del campo...
Al di là della rete c’è un grosso casermone bianco, che aveva la funzione di “accogliere” i nuovi arrivati.
L’impressione che entrambi ne traiamo è di un posto asettico, non c’è traccia del passaggio di esseri umani, forse anche perchè dopo la fine della guerra è stato piu’ volte riutilizzato, tra l’altro anche per imprigionare i criminali nazisti.
Delle almeno cinquanta baracche che ospitavano i detenuti, ne sono state ricostruite due; delle altre non sono rimaste che le fondamenta. All’interno sono stati ricostruiti i letti a castello e alcune foto in giro mostrano camerate piene, gli appelli che si tenevano due volte al giorno nel piazzale antistante, i nuovi “arrivi”...

 
     
   
     
 

Sul retro delle baracche c’è un lungo viale alberato, in fondo al quale sono state costruite cappelle di diverse confessioni religiose in memoria delle vittime del campo. Alla loro sinistra c’è il crematorio.
La struttura è impressionante, soprattutto all’interno.
A fianco dell’ingresso c’erano camere per la disinfezione degli indumenti dei detenuti che, forse ignari della sorte che sarebbe loro toccata, si apprestavano ad entrare in carne ed ossa per poi uscirne in cenere...
Dopo una prima stanza, usata come spogliatoio, si accede ad una seconda che reca la scritta “BRAUSEBAD” (doccia: l’interno ha il soffitto basso con almeno una decina di bocchettoni che vi sporgono e le pareti scure;

 
     
   
     
 

attraverso la porta sul lato opposto della stanza, si accede al crematorio.

 
     
   
     
   
     
 

Andiamo quindi a vedere il museo, che tuttavia non raccoglie nessun effetto personale, ma manifesti e giornali d’epoca. Ci sono però alcuni pannelli con foto ingrandite che testimoniano le atrocità a cui sono stati sottoposti i detenuti, non ultimi gli esperimenti “scientifici” dove hanno perso la vita migliaia di loro. E’ stato un filmino, però, la cosa piu’ atroce: si vedevano montagne di uomini morti, nudi, senza che si vedesse un solo viso, un enorme ammasso di cadaveri, anonimo, senza vita, senza volto, come se nessuno di loro fosse mai esistito.

Terminata la visita, torniamo alla macchina per scoprire che abbiamo una gomma tagliata in due punti; sembra un atto vandalico; speriamo che i tagli non ci fossero alla partenza dall’Italia!!!
Ci adoperiamo per trovare un gommista e per fortuna ci aiuta un signore che, gentilmente ci accompagna. Alle due del pomeriggio il gommista ci restituisce l’auto, così ripartiamo alla volta di Dresda, che abbiamo scelto come prossima tappa, anche se così facendo, allunghiamo un po’ il nostro cammino.

 
     
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